Il serpente cambia pelle

C'era qualcosa che si muoveva dentro di me da parecchi giorni, forse addirittura mesi. Un sentimento di intolleranza e repulsione che, nel corso dell'ultima settimana, ha definito i suoi contorni permettendomi di metterlo a fuoco. Nella manciata di poche ore sono morte due persone che conoscevo, in due modi diversi. Uno era un ragazzo di 25 anni, che ha finito i suoi giorni sull'asfalto; l'altro un uomo che ha cessato di lottare contro un coma che lo ha costretto in un letto di ospedale per quasi due anni. Erano due persone molto diverse per età, carattere e passioni, ma molte altre cose le accomunavamo. Prima di tutto: la voglia di vivere.

La voglia di vivere.

Suona, a molti, una frase fatta: la voglia di vivere. Qualcosa che scivola sulla lingua come altre parole: aria, terra, sole, cielo. O come altre frasi complete: era una brava persona che tutti ricorderanno, oppure: se ne vanno sempre i migliori.

Quello che vorrei davvero, è che la gente si soffermasse un po' di più a ragionare sulla voglia di vivere. Perché quello che ho capito è che la vita è data per scontata. Sono qui, beh, di cosa dovremmo discutere? Ah, di molto, povero cretino! Sei qui adesso, in questo momento, mentre stai leggendo questo mio sfogo, e forse sarai qui anche nei prossimi minuti e nei prossimi giorni e anni, ma forse no. Forse ti ammalerai prima, o forse qualche ubriaco passerà col suo bolide in strada mentre stai educatamente attraversando le strisce pedonali. Oppure potresti cadere dalle scale e romperti il collo, o essere vittima di un attentato terroristico, e gli esempi li termino qui, perché magari sei superstizioso e stai iniziando a grattarti.

La vita non è scontata. La vita è uno dei beni più preziosi che abbiamo in assoluto, come la natura e i suoi elementi, l'amore e un sorriso. La vita è fragile, incerta. Ciò che è sicuro è che moriremo tutti, chi prima, chi dopo. Il nocciolo della mia riflessione risiede nell'intermezzo: nel tempo che trascorre tra la vita e la morte. Come lo stai attraversando questo periodo? Lo vivi davvero, o ti fai vivere? Scegli cosa fare del tempo che ti rimane o langui nella disperazione? Sei attivo, o non fai che lamentarti?

Talvolta il modo in cui mi esprimo viene scambiato per autoritario. Certe persone mi percepiscono come una maestrina, pronta a bacchettare le mani. Questo è un post che porterà sconcerto, disturbo e fastidio in tante persone. Perderò delle amicizie? Alcuni saluti per strada? Meglio così.

Quello che mi interessa, nello spazio del mio blog, dalla mia finestra sul mondo virtuale, è spiegare a chiare lettere che a 37 anni ho finito con la tolleranza nei riguardi delle persone che si lamentano, che più che vivere, campano come amebe, dei vittimisti, degli smidollati, dei violenti, dei litigiosi, dei lunatici, di tutta quella gente, cioè, che è incapace di apprezzare ogni singolo istante che gli viene concesso su questa terra, che ci sputa sopra con la propria incapacità umana, oppure ferendo, manipolando e oltraggiando il prossimo. Tolgo dalla lista chi soffre per malattia, problemi di salute fisici e psichici. A tutti gli altri dico basta, perché ci sono state persone, come quelle di cui sopra, che avrebbero voluto continuare a vivere, chi perché aveva appena cominciato a lavorare, aveva una ragazza che amava e un gruppo di amici con cui è cresciuto e che ora non riescono nemmeno a concepire come il loro caro se ne sia andato un sabato pomeriggio partendo per il mare, per non tornare più; chi, dopo un'esistenza di duro lavoro, una guerra civile in Bosnia e tanti sacrifici, si sarebbe certamente goduto gli ultimi anni in fabbrica per poi tornare nella sua patria a trascorrere una vecchiaia serena tra amici, parenti e tanta natura.

Qualche settimana fa ho ripreso le cesoie per tagliare i rami secchi: via i conoscenti inutili, via le persone pessimiste, negative, che trovano un problema a ogni soluzione, via i distruttivi, via, via.

Il serpente cambia pelle. La muta è fatta. Dietro lascio volentieri i fantasmi del passato e spero di non trovarne altri sul cammino, perché non ho la minima intenzione di continuare a fare buon viso a cattivo gioco. Ho troppo rispetto per la vita, io, per concedere a chi la prende in giro o a calci, come fosse una palla di carta accartocciata, di parlare con me come niente fosse.

Vi ho avvisati, perciò potete togliervi dal mio orizzonte da soli -vi farete un favore- oppure attendere che lo faccia io.


Onore alle due care anime che hanno oltrepassato il velo. Io non ho certezze su cosa ci sia al di là – e se ci sia qualcosa- perciò tutto quello che posso fare è ricordarvi e pregare per la vostra pace.

Commenti

  1. Nella mia vita ho incontrato parecchia gente e mi sono fatta un'idea del genere umano. Prendi quello che ti dico con le pinze. Lo sanno pure i sassi, ho lavorato per 23 anni da contabile e, come nel film "la vita è meravigliosa", mi è accaduto di tutto. Ora, tralasciando il mancato appoggio di chi mi circondava, sono stata costretta a farmi piacere un lavoro e a svolgerlo al meglio per stoicismo. Molti hanno il coraggio di inseguire i propri desideri, perché, diciamocelo, hanno le capacità o/e un pizzico di fortuna. Altri, come lo sono stata io, rimangono fregati dai sogni. Ho scoperto troppo tardi alcune doti grafiche e ho avuto parecchie, molte fregature: mi hanno preso le immagini con l'inganno e il mio viso è stato prima dipinto e poi venduto (come quadri) in Olanda; una foto è finita su una rivista Canadese; un'altra su una tesi di laurea... Ho fatto copertine per amici, siti web per Hotel e locali. Ho ascoltato "amici" che mi promettevano mostre, collaborazioni e quant'altro, insomma alla fine finivo sempre con un pugno di mosche. Mi sono fatta 8 ore di treno e bus per una mostra (non guido la macchina) che non ha visto nessuno. Lo sconforto arriva... ma poi se ne va quando realizzi che non tutti i sogni si possono raggiungere. Voglio dire, non posso fare la scrittrice se mi mancano le basi grammaticali o la ballerina se non ho mai danzato. Dobbiamo riconoscere i limiti. Ho fatto questa premessa, per dire che la vita va vissuta, anche quando non è come speravamo. Sono curiosa, mi piace la storia (quella antica e non romana), l'antropologia. Ho attraversato alcuni paesi e stati con i mezzi pubblici, capisco le persone (non sul web, il web è mascherato), insomma mi sarei vista come archeologa o avventuriera. Pazienza. Mi piace la mia dimensione, perché amo me stessa e amo la persona che ho sposato, e tutte quelle piccole cose che rendono speciale la vita. Ora, non tutti vedono quello che vedo io. Il lavoro, in generale, logora le persone, le abbruttisce, le svuota. Il mio lavoro era duro. Passavo 10/12 ore in ufficio, inseguivo le scadenze, organizzavo me e la collega di turno, dovevo essere: sveglia, attenta, precisa, programmata, gentile con i clienti. E guai a sbagliare! Lavoravo 6 giorni su 7 e se tutto andava bene facevo 20 giorni all'anno di ferie. Molte persone a questo mondo si lasciano vivere, perché oltre al lavoro e alla famiglia (se hanno una famiglia) non hanno altro. Gli interessi ti salvano, la curiosità ti salva. I danesi insegnano che le piccole felicità arrivano con il programmare qualcosa: un quadro, un viaggio, una maratona... Molti si lamentano perché non hanno obbiettivi e non vedono, ad esempio, quello che vedo io. L'altra sera sono andata dietro casa per vedere se si vedevano le lucciole. Mio marito vuole comprarsi una macchina fotografica per fotografare la luna. Non tutti siamo nati per fare grandi cose, ma tutti possiamo realizzarne migliaia e dare un po' di spezia alla vita. Ah, che sia chiaro... non ho la sindrome di Polyanna. Insomma, concordo con te, e probabilmente mi sono espressa male... un abbraccio.

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    1. Ti sei espressa benissimo, e concordo con le tue riflessioni. Mi ritrovo molto nello stile di vita danese, come in quello stoico, zen, bohemienne, ecc. Ciascuno di noi è un universo di sfumature, anche chi ritiene di essere "vuoto", crede di non avere interessi. Quelle persone, io credo, potrebbero dedicarsi a togliere strati di polvere e terra, condizionamenti e sovrastrutture che gli sono stati imposti dall'esterno e che, spesso, hanno accettato senza riflettere (vuoi per la giovane età, vuoi per fragilità personale, o semplice pigrizia), dopodiché troverebbero una bella botola e dentro di essa ciò che davvero sono; ma tanti si spaventano al solo pensiero di iniziare la ricerca del vero sè (e le ragioni si sprecano), quindi vagano sulla terra come anime in pena, oscillando tra un emozione e un'altra, un istante di quiete e mille di nevrosi. Ognuno è fatto a modo suo, ci sta, ma io ho preso una posizione e desidero confrontarmi e circondarmi di persone che ogni giorno si svegliano con quel progetto da portare a termine, un progetto che sia uno specchio della loro anima, oppure -e sono davvero rare- con coloro che si hanno realmente trovato l'equilibrio con se stesse e con il mondo.

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